mercoledì 21 settembre 2011

9 luglio 2006


Estate inoltrata, tarda serata. Dalle finestre aperte giunge una tiepida brezza fresca in una serata umida. O forse non si muove una foglia. Non saprei sono troppo in preda al panico per rendermene conto. Nel salone la luce soffusa della lampada si mischia al riflesso digitale azzurrognolo del tubo catodico. La televisione bisbiglia e non si sente altro rumore.
La paura mi attanaglia, è come avessi una pressa che stringe sullo stomaco e non riesco a fare altro che alzarmi e risedermi sul divano a ripetizione. L’adrenalina è entrata in circolo ormai da un bel po’ e per questo mi muovo a scatti come uno scoiattolo. I muscoli si contraggono senza motivo e senza che sia io a richiederlo. L’atmosfera si è fatta pesante ormai e il buio entra minaccioso nella stanza. Qualcosa aleggia nell’aria, un misto di terrore e tetri presagi, mentre l’attesa sfianca il corpo ed il cervello e la concentrazione va pian piano scemando. All’improvviso un avvenimento contro natura sconvolge la serata. Non ti aspetti un simile atteggiamento astioso da tuo cugino. E nello stesso momento mi rendo conto che se non sarà lui il primo a cadere, sarò io. Sono attimi di trepidazione in cui nessuno dei due vuole staccarsi dalla vita. Momenti di terrore puro. La stanza si ferma nel tempo, i secondi si trasformano in ore mentre i minuti, che sembrano non trascorrere mai, in anni. Una nebbia di gelo rimane sospesa nell’aria e mi contagia. Il sangue si gela nelle vene e smette di scorrere. È il momento della verità, ora si decide tutto. Non passa mai questo momento, le immagini sembrano andare a rilento, si fermano talvolta. Il prossimo secondo può rappresentare la morte o la vita. Tutto rimane terribilmente immobile. C’è allo stesso tempo impazienza per la vita e per la morte il panico. Da una parte la voglia di scoprire come andrà a finire, dall’altra nel caso andasse male la consapevolezza dell’impossibilità di avere altre occasioni. Oscillo permanentemente tra curiosità e angoscia. D’un tratto urla. Urla invadono la stanza. Urla che si propagano per tutta la città. Urla che irrompono dalla finestra e rimbombano nella mia testa. Così tante urla che sembra quella la condizione normale della vita, e il silenzio la cosa strana. Ma le urla che mi riempiono il cervello e l’anima ci sono davvero o sto solo immaginandole?l’orologio ha dunque ricominciato a girare oppure sono ancora fermo a quell’attimo?
E poi la verità mi travolge. Sono ancora vivo. E non mi è ma sembrata più bella, felice e gioiosa questa vita.

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