mercoledì 16 novembre 2011

I piaceri dell'italianità. Parte prima: il caffè


L’italiano è spensierato, tranquillo, gli piace viversi la sua vita e odia le rotture di scatole. Per questo quando la sveglia riempie il suo appartamento del palazzo in centro, di quei suoni acuti e fastidiosi, gli verrebbe voglia di prendere l’apparecchio e rimandarlo al suo creatore. Ma poi rassegnato e dopo aver spinto per 4 volte il pulsante di snooze, limite ultimo per alzarsi dal letto, dopo il quale anche la sveglia si rifiuta di cantare, si alza, ben 20 minuti dopo il primo rintocco di quella campana digitale sapientemente impostata 15 minuti prima dell’effettivo orario entro il quale bisogna alzarsi, per avere comunque un buon margine di errore.

È previdente l’italiano, è un professionista della furbata, lo stregone del magheggio. Ma nonostante tutto ha perso quei 5 minuti fondamentali per il proseguimento della giornata.
Non si sa bene il motivo ma in Italia se il tuo ritardo iniziale è 5 minuti, di lì a mezz’ora sarà di 15. Quindi si appresta ad andare in bagno, dove ogni mattina l’aspetta un bel rendez-vous con l’amica più cara dell’uomo: la tazza. Dopo intensi attimi di passione, una bella doccetta ci sta tutta. Poi di corsa in cucina. Accappatoio in vita, accende la tv, prepara la macchina del caffè: che giornata sarebbe senza caffè al mattino?! E andiamo no! Fornello acceso, magari un biscottino. Accidenti sono finiti; devo imparare a farmi la lista della spesa accidenti! Mi prenderò un cornettino al bar sotto l’ufficio; ma sì! Denti, denti, mi devo lavare i denti. Forza che sto in ritardo!! Devo anche ricomprarmi lo spazzolino. Lista della spesa mentale: pane, latte, biscotti, spazzolino da denti. E dentifricio. Ma guarda te se pure stamattina mi tocca far tardi.
Il dentifricio è quasi finito perciò, spazzolino in una mano tubetto nell’altra lingua di fuori ad indicare grande sforzo di concentrazione, e via ad arrotolare questo benedetto tubetto per spremerlo fino all’ultima goccia di dentifricio. Eccola, eccola, per oggi mi basta. Vai, vai così. Ci siamo quasi.
E l’ultimo shot di dentifricio finisce rigorosamente nel lavandino. Ed è necessario andare a raschiarlo con lo spazzolino per evitare di non doversi lavare i denti. Una volta finito con questo supplizio 20-30 secondi vanno investiti nella cura dell’immagine e training autogeno. Svariate posizioni da figo delle pubblicità e poi … Accidenti il caffè!!! È uscito tutto cavolo!! Lo sapevo. Stamattina mi accontento di mezzo bicchiere e poi quando vado a prendermi il cornetto me ne prendo uno come si deve. E così lancia l’asciugamano sul letto sfatto, prende mutande calzini e si veste. Aaah una bella cravatta rossa. È macchiata. Allora metto quella verde e gialla. Ma con l’abito blu? Nooo! Meglio quella viola. Sì quella viola, meglio. Andiamo dai, presto che è tardi! Ok! Ventiquattrore, chiavi casa, chiavi macchina, telefono, portafoglio, sigarette. Preso tutto.
Esce finalmente. Chiama l’ascensore. 10, 20, 30 secondi e niente. Prende le scale. Sei scalini ed arriva l’ascensore. Qualche centesimo di secondo per calcolare se convenga continuare a piedi o risalire ed optare per l’ascensore. Meglio l’ascensore. Arriva finalmente al portone ed entra in macchina, esce dalla via e poi di corsa verso l’ufficio. Poco dopo si accorge che quei 5 minuti persi inizialmente, oltre ad essere già diventati 10 gli hanno fatto guadagnare un bel soggiorno sul raccordo. Dopo aver passato un’ora per strada per percorrere circa 10km arriva stremato al bar sotto l’ufficio, con “solo” 20 minuti di ritardo. Sì perché gli italiani attaccano a lavorare facendo colazione. La cosa positiva è che tutti lo sanno e perciò l’attività lavorativa non inizia prima che tutti abbiano colazionato. Lascia la macchina sulle strisce, tanto è solo un caffè. La cosa incredibile degli italiani è che sono disposti a pagarne uno BUONO anche 150€. Ma deve essere di quelli buoni. Dopo il tanto sudato caffè e cornetto rigorosamente con marmellata, che è la morte sua, esce dal bar e si accende la sua bella sigarettina, che dopo il caffè è la morte sua pure, ma si accorge che la tanto amata ausiliare del traffico è davanti alla sua macchina per fare una multa. Lui la prega, le offre una cena, si innervosisce per la sigaretta appena iniziata e subito spenta, ma niente, è inamovibile.  Ma tanto chissenefrega chiamo mio cognato e me la faccio togliere. Quel caffè mi sa che è proprio buono. Così spende altri 10 minuti buoni per trovare un parcheggio lecito ed entra finalmente in ufficio. Posa la ventiquattrore, accende il computer e inizia a lavorare. Il collega simpatico si alza per raccontare una barzelletta divertentissima che ora non ricordo, sempre col suo appiglio, le vocine e la perfezione di un mattatore. Tutti ridono e sono felici. Sì in Italia ci si diverte un mondo. Poi un altro collega, quello accanto a lui che ormai è diventato suo grandissimo amico, gli fa la domanda che molto spesso verrà pronunciata durante il giorno e che sempre verrà seguita da risposta affermativa, benché con qualche fintissima remora. Una sola parola che esprime tutto il concetto del classico lavoratore italiano: “caffettino?”

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