C’è un bambino di 6 o 7 anni, che la notte di Natale
si siede davanti alla finestra appannata. Il camino alle sue spalle riscalda l’intera
casa e la sua schiena in quella gelida notte. Le calze ancora vuote aspettano
che lui si rannicchi nel letto per riempirsi di dolcetti e piccoli doni. La stanza
è illuminata dalla rossa luce emessa dal fuoco, dalle coloratissime lucette
dell’albero che brillano ad intermittenza, e dal bianco labile riflesso del
sole sulla luna che pian piano sta sparendo, coperta da nuvole dense e chiare. Il
bambino chiude gli occhi e rivolge una preghiera a quella Dea del cielo che
neanche i poeti più abili sarebbero riusciti a copiare. Prega che in quella
sacra notte il cielo gli conceda il più bello dei regali, che non costa nulla,
e soprattutto del quale anche tutti gli altri bambini avrebbero potuto giovare,
e che tutti insieme li avrebbe resi felici. Prega che in quella sacra notte
scenda la neve a celebrare tutto quello che rappresenta.
Questa è la neve per un bambino che non è abituato a
vedere la sua casa coperta da un soffice manto gelato. Questa è la neve per me,
che dentro sono sempre bambino e spero di rimanerlo per ancora un po’. I bambini
non vedono le complicazioni, non vedono le difficoltà, non pensano che sia un
problema la neve. Si fermano a guardare questa pioggia magica che leggiadra si
accascia al terreno ed imbianca tutto, e pensa a come si divertirà con i suoi
amichetti. Ma scommetto che anche i grandi, per poco forse, prima di
arrabbiarsi, di innervosirsi perché non arriveranno mai a lavoro, rimangano
affascinati da questo spettacolo.
Per chi non lo sapesse, io abito nella provincia di
Roma, una (se non La) delle città più belle del mondo, che non fa però delle
nevicate invernali il suo punto di forza. La neve arriva nella nostra capitale
nel modo in cui è arrivata in questi giorni, solo una volta ogni 20 anni. Capite
bene che ogni volta che succede qualcosa del genere è sempre magico. Ed ogni
volta che succede disagi, polemiche, incazzature, traffico e tutto ciò che gli
ruota intorno la fa da padrone. Mi chiedo per quale motivo nel nostro paese
riusciamo inesorabilmente a trasformare qualcosa di fantastico in qualcosa che
invece rovina ogni tipo di atmosfera giuliva. Perché un evento surreale da
favola deve invece essere trasformato in incubo?
La neve. È qualcosa di strano per chi non la vede
mai. Chi è abituato forse la odia, proprio come chi è abituato ai 35° d’estate
li odia e chi invece…no mi sa che sto dicendo una cavolata, forse nessuno ama
avere una temperatura di 35°.
Io amo la mia città, e l’ho vista in molti modi, d’estare,
col freddo, con la pioggia e con 40°, di notte, di giorno, addobbata a festa,
in un giorno normale, vestito di tutto punto o con i pantaloncini corti, mai
innevata. E forse la amo ancora di più perché sa rendere così più speciale l’attesa
e l’avvento del grande bianco; si
conserva per anni e poi ti regala qualcosa del genere. Non immaginate quanto mi
piacerebbe vederla tutta ricoperta da un soffice velo di neve. L’ho vista un
sacco di volte, ma sento che non sarà mai abbastanza. Perché Roma ogni giorno,
ad ogni ora ha una faccia diversa, e sempre stupenda. E ogni volta che ci vado
mi ritrovo ad invidiare, in un certo senso, le persone che non ci abitano (o
comunque non abitano vicino abbastanza), per non poter godere del piacere di
questa città da turista, per non poterci andare in vacanza, per non dover
ritornare a casa col treno o con la macchina la sera, senza preoccupazioni. Oggi,
con questa, anzi quella atmosfera surreale della neve a Roma, lo invidio ancora
di più, perché ha avuto la fortuna di prendere quel giorno su quasi 10000 in
cui la città sembra essere stata spostata sulle nuvole. Che sculati!
Roma con la neve è magica, anche più del solito. E chi
è capace per un giorno di cogliere solo la magia di quel momento, lasciando
fuori tutte le problematiche, e fregarsene per una volta, può davvero godersi
uno spettacolo unico al mondo.
Concludo con un tweet che mi è capitato di leggere oggi #nevearoma, che prende un po’ in giro i nostri fratelli nordisti, abituati a ben altre nevicate. “E comunque, cari sfottitori padaneggianti, da noi la neve ce vie', da voi er Colosseo no!”. Tiè!
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