Nel sottotetto della casa di mia nonna, tra una
collezione di vinili da far invidia ad una discoteca, oggetti di ottone senza
categoria, rottami di soprammobili e tutte le anticaglie anni ’60 che vi
vengono in mente, ho trovato anche una scatola contenente una Polaroid intatta
e che sembrava funzionante. Così l’ho portata a casa per studiarne i dettagli,
le caratteristiche tecniche, controllare se potesse avere un valore all’interno
del mercato dei collezionisti, ma soprattutto per scoprire se potevo rimetterla
in funzione ed utilizzarla. Ho scoperto che un oggetto come quello non ha un
valore troppo diverso da quello che aveva nel suo anno di produzione, che a
livello tecnico non è un granché, che veniva utilizzato prevalentemente da
fotografi amatori in cerca di fotografie istantanee da scattare nei momenti più
disparati, che è facile da usare, e che 8 pellicole costano 20€. Non c’era modo
di sapere però se la macchina fosse o meno in grado di scattare foto senza
acquistarne un pacco, di queste pellicole, visto che la batteria di questo
strano oggetto proveniente direttamente dagli ’80 si trova proprio all’interno
della cartuccia con le pose. Così quando Amazon mi ha recapitato questa
scatoletta di 10x10 cm non mi rimaneva che inserire il suo contenuto nello
scomparto inferiore della macchina, con tanto di tutorial seguito su youtube,
per capire se sarei stato in grado di scattare qualche istantanea. Non nego che
il momento in cui ho infilato quella cassetta ho avuto qualche brivido, e
subito dopo, appena ho realizzato che c’erano parecchie possibilità che
l’apparecchio funzionasse sono stato pervaso da una strana sensazione. Non
saprei come definirla, era semplicemente strana, forse bella, sicuramente nuova
ed inaspettata; e ho pensato solo successivamente da cosa potesse essere
scaturita.
Prima parlavo di fotografi amatori che scattano foto
istantanee nei momenti che loro ritengono importanti (non ho scritto così ma
era quello che intendevo). Ebbene, ripensando a questo, mi viene in mente che
tutto ciò non è poi tanto diverso da quello che si fa oggi, con i telefoni e
con i social specializzati in fotografie tipo Instagram. È la stessa cosa,
passata attraverso la galleria del tempo. Foto istantanee di cui poter
usufruire quasi immediatamente e da poter condividere con tutti quelli
(fisicamente) vicino a noi con la Polaroid; foto istantanee da poter modificare
e condividere immediatamente con tutti i nostri “vicini” (anche metaforicamente
stavolta) per Instagram, whatsapp o quant’altro.
Ma non era questa la sensazione nuova ed inaspettata
che mi aveva travolto. Stavo per dire che è una sensazione perduta nel tempo e
che torna direttamente dal passato, ma in realtà non so se sia proprio così.
Immaginate un fotografo degli anni precedenti alla comparsa del digitale. Lui
sa benissimo che ha un rullino in cui il numero di fotografie che potrà
scattare è limitato e che perciò dovrà stare attento a come scatta, alla luce,
al movimento, alla messa a fuoco, alla distanza; ora dategli una macchina
digitale: forse scatterà fotografie di dubbio interesse che non avrebbe mai voluto
fare prima, ma queste fotografie saranno fuori fuoco, con la luce sbagliata o
sgranate? Non credo. Perché il retaggio della precedente macchina lo obbliga a scattare fotografie in un
certo modo, anche avendo tutta una memory-card da sprecare (sto sempre parlando
di fotografi non professionisti). Per questo credo che tornare indietro e
cercare di pensare allo stesso modo di come avrebbero fatto nel passato non è
il modo più corretto per provare a descrivere questa sensazione. Pensavo quindi
ad un uomo che per anni ha avuto la possibilità di mangiare qualsiasi tipo di
cibo, assaggiare ogni tipo di cucina o cultura e di punto in bianco gli viene
detto: “Scegli 8 diversi piatti da mangiare per il resto della tua vita. Non
devi sceglierli tutti insieme, ma una volta scelto uno non puoi più cambiare
idea, e così via per tutti ed 8.”
Sì credo che questa di metafora sia più azzeccata,
anche se un po’ crudele.
E così passo le giornate accanto alla mia Polaroid, con l’anima ed il cuore
divisi, come un novantenne cardiopatico con la fissa per il sesso violento:
ogni volta può essere l’ultima, ma non può farne a meno. Vivere sempre col
fiato sospeso tra il “voglio fare una foto” ed il “non devo abusarne”; tra il “non
posso portarla ovunque” ed il “se quell’attimo fosse unico e non tornasse?”. Lo so che non
sembra un grandissimo problema, so anche che effettivamente non è un problema,
ma è bello estraniarsi anche solo un attimo dal mondo e pensare che sia la
scelta più difficile da fare, se non della vita almeno della settimana.
Ne ho fatta una intanto. Tecnicamente non è il massimo,
i colori sono sbiaditi, confusi e anche un po’ diversi dalla realtà, non è
nitida, un po’ sgranata, ma cosa devo dirvi a me piace da morire (e non solo
per il soggetto della foto). Il tutto nell’insieme la rende così squisitamente
anni ’80, così assolutamente retrò che se fotografassi il mio computer mi
aspetterei di vedere sviluppato un commodore 64 . Mi sembra impossibile da
odiare un oggetto che fa fotografie del genere, almeno per quanto mi riguarda. Potete
anche ritenere da sfigati questa enorme attrazione verso il vintage e gli anni ’80,
francamente sticazzi.
Per non parlare poi del momento in cui la posa esce,
completamente blu, e bisogna aspettare il tempo necessario affinché i colori e
i componenti chimici reagiscano. Un’attesa pregna di pathos che che ve lo dico
a fa’!
(E voi, che piatti avreste scelto da mangiare per
tutta la vita?)
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