SeasonS - Figli del Mare



La prima notte fredda

Ancora una volta ritorno tardi, stanco dalla serata con gli amici, ancora una volta mi ritrovo sorpreso dai miei pensieri guardando il cielo,  e ancora una volta mi ritrovo a non poter fare a meno di sedermi al computer e scriverli e a parlare di quanto mi influenzino gli agenti atmosferici.
Questa è la prima notte fredda, la prima dopo una lunga estate, molto calda, ma anche molto strana che ancora non so se definire tra le migliori o le peggiori della mia vita. Di sicuro indimenticabile. La prima notte fredda dopo due begli acquazzoni vecchio stile che hanno riportato un po’ di frescura, finalmente, in un ottobre romano che ha un po’ abusato della caratteristica ottobrata. Finalmente comincia a rinfrescare, a salire il vento, a spingere le nuvole, a spazzare il cielo.
Ogni sera, nella brevissima passeggiata che mi porta dal parcheggio al cancello di casa prendo in mano le chiavi, le scorro tutte in cerca di quella giusta, mi piacciono le mie chiavi, mi danno un senso di stabilità; mi sbrigo in questa operazione, così posso rivolgere lo sguardo al cielo e vedere se la notte mi lascia osservare le stelle che ogni volta mi sembrano meno lucenti e che ogni volta cerco di ritrovare. O la Luna, bella imponente, pura, casta linda e sincera, se si nasconde timida dietro una nuvola, se mi sorride allegra, o si mostra in tutta la sua regalità.
Stanotte il vento in alta quota ha cancellato ogni residuo di nube lasciando spazio ad una limpida volta celeste che sembrava lucidata per l’occasione, per prima notte fredda.  Bello stanotte il cielo, bella questa notte.
E stanotte, come tutte le altre, mi sono girato per un attimo verso la macchina per controllare se l’avessi chiusa. E sono rimasto estasiato, più di altre volte accorgendomi delle mille luci verso il mare, che forse, proprio per in nuovo freddo, sembravano più splendenti. Ma in qualche modo oscuravano la bellezza delle luci provenienti dal cielo.
Ho immaginato per un attimo, veramente per un tempo  brevissimo, che tutte le luci al di sotto della linea dell’orizzonte si spegnessero, che non inquinassero la scintillio di quelle mille lucciole attaccate alla volta celeste che molto spesso ci raccontano una storia, ma che non possono tenerci compagnia sempre. Ho immaginato che rimanessero accese solamente le stelle, più brillanti che mai, a rendere meno scura la notte, meno nero il cielo. Ho sognato che per un istante le cose si invertissero, si capovolgessero; la terra il cielo e le luci le stelle.
Finalmente da stanotte ricomincia a fare freddo, e ci penserà il freddo a riaccendere un po’ le stelle nelle notti gelate. Si ricomincerà a sentire l’odore del freddo e di rugiada alla mattina. Finalmente ritorna il freddo, perché, parliamoci chiaro, non è notte senza coperta così come non è inverno senza qualcuno che ci scaldi e ci faccia notare con la sua assenza che la temperatura si sta abbassando.


Estate

Una fontanella d’acqua nel centro storico, giocare con gli amici sulla spiaggia, fino alla sera. Piazza del Popolo dall’alto, col cielo infuocato di mille sfumature. Lo stridulo rumore delle posate che grattano sui piatti della gente, che cena in veranda. È il sudore dell’amante che si mescola al tuo. È la canottiera che ti graffia la schiena dopo una giornata al mare. Una zanzara che ti sveglia nella notte per chiederti da bere. È il sollievo dal terrore che la sveglia non abbia suonato, una volta scoperto che sono le 10; una serata al pub con amici, birra e belle ragazze che non ti si filano. È annerire le figure, al tramonto, sul mare, in lontananza.
Non è vacanza, sole, mare, caldo. Non è un gelato che si scioglie, non è il falò di ferragosto e non è una piscina azzurra. Non sono ragazze che si sdraiano a prendere il sole, ma la mano che tieni alla fidanzata mentre ti riposi dopo pranzo sul divano. Non è il sudore che continua ad irrigarti la schiena, ma un campo di girasoli che si stanno per seccare. È un libro di uno studente che impreca. È il libro di un altro che si appassiona. Non è la luce fino alle 9, ma l’alba alle 5.

È un tramonto verso il mare, visto da lontano, che scolora le figure.
È  l’odore di pèsca e di pésca al mercato la mattina presto.
È il fischio del vento che porta un po’ di sollievo.
È la pelle bagnata dell’amante dopo l’amore.
È un enorme castello di sabbia, costruito sporcandosi tutti, ma destinato a crollare.

È l’estate.

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